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martedì 24 maggio 2016

IL 24 MAGGIO

Oggi è il 24 maggio e il Piave che mormorava calmo e placido il passaggio mi ricorda i tempi della scuola.
Alle medie furono i primi quattro di quella che poi, alle superiori sarebbe diventata una lunga serie.
4+ una nota in rosso nel tema d’italiano perché avevo consegnato il tema in bianco.
4+ una nota in rosso nell'ora di musica perché non cantavo come tutti gli altri alunni, il Piave che mormorava calmo e placido il passaggio dei primi fanti il 24 maggio.
Mentre studiavo la strada più lunga per tornare a casa da scuola pensavo con angoscia alla sgridata che mi sarei preso da lì a poco dai miei dovendo fare firmare due note in un giorno.
Arrivato a casa, dopo avere spiegato il grosso problema che avevo alla mia mamma, scoppiai a piangere, tra convulsi e singhiozzi, lei nel frattempo mi aveva preso in braccio.
Mi aveva preso la testa tra le sue mani appoggiandola al petto, come fanno le mamme, mentre spiegavo che non mi piacevano cantare e scrivere cose di guerra.
Ricordo come se fossero adesso i suoi "neanche a me" sussurrato in un orecchio e il bacio e la carezza di mio papà sulla testa che prima di uscire per tornare in cantiere a lavorare mentre correggeva la mamma "neanche a noi".
Non glielo ho mai chiesto ne ricordato perché mi piace immaginare che fosse un segno della loro gratitudine verso un figlio ancora bambino, per non aver mai fatto i capricci davanti a una busta di cellophane di carri-armatini e soldatini di plastica.
Non solo perché sapevo che di soldini ce ne erano pochi e avevo anche due fratellini, soprattutto perché piano piano, un po' alla volta, stavo crescendo.
Ero già alle medie e non ero più un piscia-a-letto.
Ero un ometto, mi piaceva immaginare che essere ometto in fondo era anche quello.

Carlo Feroldi – www.carloferoldi.weebly.com
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