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giovedì 26 febbraio 2015

STRESS SOLUTION...CONSIGLIO PRATICO NR.8

continuando a fare le stesse continuerai ad avere gli stessi risultati.

#Change



Carlo Feroldi
©Riproduzione Riservata

lunedì 23 febbraio 2015

STRESS SOLUTION...CONSIGLIO PRATICO NR.7

Il coso, la cosa,quel coso o quella cosa, le cose più importanti nella vita non sono le cose ma le persone,i sentimenti e i valori. 

#livesimple









Carlo Feroldi
©Riproduzione Riservata

giovedì 12 febbraio 2015

UN SABATO TRANQUILLO AL MUSEO DEL CRETINO

Un transito in fretta nella città dove abito giusto per il cambio bagaglio; non è un segreto per chi mi conosce che non nutra un amore particolare sviscerato per la città dove, per i casi della vita sono finito ad abitare.
Professionalmente parlando non mi ha mai dato niente, per i casi della vita appunto, ci abito e basta e qualche volta ci torno a dormire.
Attraverso il centro tra il mercato degli ambulanti che stanno smobilitando più presto del solito, persone con le borse della spesa stanno rincasando in fretta, mamme e papà che vanno a prendere i figli a scuola di fretta.
Anche il corso è deserto, un signore, (un c.q., un coglione qualsiasi) chiuso nel suo giaccone di montone, il cappello a tesa larga con la piuma, un flute di prosecco in una mano e il sigaro nell’altra, all’ora dell’aperitivo irride i negozianti intenti ad imbottire per proteggerle, le vetrine con gomma piuma nascosta sotto fogli di giornali e sacchi di plastica chiedendo se si stanno preparando alla presa della Bastiglia, non sapendo ancora cosa si sta preparando da li a poco.
Ostaggio mio malgrado (deve essere una nuova forma di promozione turistica quella di regalare chiavi in mano per un sabato una città a un gruppo di delinquenti, teppisti e vigliacchi) in una città messa a ferro e fuoco, rinuncio a partire perché anche la stazione è presa di mira.
Cercando come tutti quelli rimasti intrappolati nelle vie del centro, una via di fuga che mi consenta di tornare a casa, tra la nebbia dei fumogeni, pali divelti della segnaletica scavalcati, costeggiando vetrine di attività commerciali e banche sfondate,  incrocio una giovane adelante companera, secondo me part time (ha tutta l’aria di una che, durante la settimana, non bevuta e non fumata potrebbe essere una normale impiegata, operaia o studentessa)  avvolta nel suo eskimo che puzza di un misto di canna, fumogeni e vino rosso,  mi dice che se la seguo in un portone dentro a un vicolino, in cambio di qualche spicciolo  potrebbe organizzare qualche cosa.
Rientro a casa dopo più di tre ore,  penso che dopo quello che ho visto,  se fosse grandinato con chicchi grandi come palloni da basket  i danni sarebbero stati minori. Accendo la tv, l’unica della città, quella del cavaliere, trasmette la pubblicità dei suoi tubi e un concerto di due che suonano, uno il pianoforte e l’altra il violino.
Riesco a partire se non l’indomani mattina presto per raggiungere la mia squadra. Sul treno per Milano ritrovo l’adelante companera che, finita la fiesta probabilmente sta rientrando a casa.
Non mi riconosce e non avevo dubbi, questa volta mi racconta che,  siccome è senza biglietto e non ha i soldi, se la seguo nei bagni del treno per qualche spicciolo potrebbe organizzare qualche cosa.
Viene trovata senza il biglietto e con il coraggio dei cagasotto (quelli forti nel branco ma che presi uno ad uno si riempiono le mutande) scoppia a piangere.
Me ne frego e continuo a leggere il giornale, sugli striscioni nelle fotografie degli articoli leggo che  pagheremo caro che pagheremo tutto e scritte con richieste di solidarietà.
Sorrido perché in fondo è vero, a pagare saremo ancora una volta noi, come sempre, magari anche in comode rate mensili a partire dalle prossime bollette ma sempre e comunque solo noi.
Anche sulla solidarietà sono d’accordo, però a chi negli ospedali non ha potuto ricevere il conforto dei parenti perché a mezzi pubblici e ai taxi era impossibile circolare ed a chi ha avuto in un giorno solitamente dedicato al relax e al riposo,  un sabato di ordinaria follia preannunciata e largamente prevedibile, in una città che mi piace sempre di meno, l'attività commerciale distrutta e a chi ha visto i sacrifici di una vita andati in un fumo che si confonde con quello delle bombe incendiarie e dei lacrimogeni.


Carlo Feroldi – www.carloferoldi.weebly.com
Riproduzione Riservata - J Di calcio e d’altre nuvole












venerdì 6 febbraio 2015

MAMMA BUTTA LA PASTA

Guarda come viene giù.
Il Galimba ha detto che il piano neve è pronto, siamo in una botte di ferro.
O è meglio a cavallo?
C’è una cosa che devo ancora capire, se in certe occasioni è meglio stare, perché più al sicuro in una botte di ferro o a cavallo.
Nevica e, siccome non mi fido, mamma butta la pasta che oggi non torno a casa a mangiare.
Primo perché appunto nevica, secondo, sto bene qui in mezzo ai boschi tra le montagne, terzo perché non mi piace la pasta alla norma!
Troppo complicata, la pasta e anche tutte quelle postille: mettere a norma, sarebbe buona norma, per tua norma!
Norma mi suona un po’ troppo come regole da rispettare, leggi da imporre, precetti da mettere in pratica.
E allora in questi casi la pasta alla norma ‘’comme il faut’’?
 A parte il fatto che non mi piacciono né la ricotta né le melanzane, ognuno dovrebbe farsela un po’ come gli pare.
 Io mi fermo qui su all’Orda, mangio al baretto da Terry su a 800 metri dopo la curva, un piatto semplice, di facile preparazione, alla portata di tutti.
Occorrente per due persone:
Terry
Un baretto all’Orda di Sopra su a 800 metri dopo la curva, immerso nel silenzio e nel verde e chiuso per turno.
Un appartamento sopra il baretto
Un comodo divano
Un tavolino,
Un pc colpito da un virus
Una tv
Una radio che gracchia sintonizzata su Radio Alta.
Voglia di fare niente e di starsene tranquilli e in relax.
Le luci soffuse
Un telefono a portata di mano (perché metti mai che chiami la sciura Zombelli.)
Preparazione:
Lasciare fuori dalla porta ansie, preoccupazioni.
Scoprire l’importanza dell’attesa in compagnia della tv, di una buona buldogg-pale-ale-extra-strong e qualche ziga intanto che lei, con la corriera va a pregare nella chiesina dall’altra parte della valle.
Andare a prenderla quando ritorna, dopo circa tre ore alla fermata.
Passare insieme dalla Legler a prendere il pan carré per i toast, il salame ungherese (nel caso non ci sia va bene anche il salame di tipo Milano) della fontina valdostana e del  paté alle olive.
Fermarsi dal Lino a prendere anche due tranci di pizza, una margherita e l’altra alle acciughe.
Tornare a casa, servire il tutto (tranci di pizza, toast al salame, fontina e paté di olive) con calma sul tavolino vicino al divano, perché tanto di tempo ce n’è. Accompagnare con del buon rosso che scalda mentre si guarda l’Era glaciale, un film in tema con la temperatura di fuori.
Non rispondere al telefono alla sciura Zombelli.
Mischiarsi su bene.

Svegliarsi il giorno dopo con la radio che gracchia sintonizzata su Radio Alta, Stiracchiarsi, sorridere alla vita che è la cosa più bella che ci sia, anche quando nevica e, quando capitano giornate cosi, anziché imprecare, riconoscere di essere proprio delle persone fortunate.


Carlo Feroldi – www.carloferoldi.weebly.com
Riproduzione Riservata - J Di calcio e d’altre nuvole