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mercoledì 27 maggio 2015

LAVORARE 16 ORE AL GIORNO NON SIGNIFICA LAVORARE IL DOPPIO DI CHI NE LAVORA 8!

A chi non è mai capitato di incontrare dopo tanto tempo al bar, per la strada qualcuno che si era perso di vista. Quante volte quella persona si è giustificata dicendo, più che lavorare non faccio, lavoro come un matto da mattina a sera. L’altra sera dopo tanto tempo ho incontrato Cinthia, la titolare di un’officina d’auto in un’area di servizio, quattro collaboratori (non mi piace il termine dipendenti) lei stessa in tuta, ferri del mestiere in mano colpa della passione per i motori che le ha trasmesso suo papà. Parlando del più e del meno mi ha raccontato che passa sedici ore al giorno  in officina, anche al sabato, la domenica pure e ciò nonostante deve riscuotere anche un sacco di crediti. Cinthia è convinta che, perché lavora sedici ore al giorno, (parlare con i clienti, tenere la contabilità, caffè al bar, le ultime news sulla Juventus della quale è tifosa sfegatata, quattro chiacchiere con quello, quattro con questo,  parlare con i clienti, tenere la contabilità, ordinare i ricambi, ricevere i rappresentanti è un tutto compresi) di lavorare il doppio di una persona che normalmente di ore ne lavora otto e nonostante, quando arriva sera il molto da fare che ci sarebbe viene rimandato al giorno dopo. ‘’Ma Cinthia forse non è meglio se passi un sette ore concentrata sul tuo lavoro e una a controllare la tua contabilità i crediti da riscuotere, sollecitare i clienti che non ti pagano? Avrà più valore la qualità del lavoro che la quantità di ore che tu e i tuoi collaboratori dedicate al lavoro e quest’ ultimo diventerà il  valore aggiunto perché lo è per qualsiasi attività e per qualsiasi azienda. Inoltre la concentrazione e la qualità del lavoro svolto lavorando sedici ore sarà molto inferiore rispetto a quelle che si possono sviluppare lavorandone otto’’. Fino allo spritz che normalmente segue quando due amicizie si re incontrano di sera dopo tanto tempo, ho resistito pur sostenendo con convinzione le mie teorie delineandole con una biro su un foglio di carta prestati con gentilezza da una signora, la barista incuriosita che approvava. Dopo l’orata al sale e la rucola nella cenetta che normalmente segue lo spritz, quando due amici si re incontrano dopo tanto tempo e cominciano a parlare, un po’ per amicizia appunto, ma anche perché oltre a quello nello sport è il mio lavoro, mi sono ritrovato così per una settimana ad essere il  consulente nell’organizzazione del lavoro di un officina di riparazioni auto. Con Cinthia abbiamo impostato la settimana su cinque giorni lavorativi di otto ore ciascuno dal lunedì al venerdì, al sabato una mezza giornata di quattro ore. Il tutto con l’impegno di lavorare solo per chi e per ciò che si ritiene più importante, essenziale, ottimizzando fino all’eccesso il tempo a disposizione. Il sabato pomeriggio dedicato alle faccende di casa e la domenica Cinthia la dedicherà al recupero delle energie, agli hobby in relax (ama i fiori e le piante ed ha uno stupendo giardino) e alla Juventus. Oggi è mercoledì e la settimana nell’officina di autoriparazioni sta scorrendo meglio del previsto, resta perfino il tempo dopo una giornata di lavoro di goderci un aperitivo e una cenetta di lavoro all’aperto,  è il momento nel quale si fa il punto e ci si scambiano idee sulla nuova programmazione impostata e si tirano le somme della giornata prima che Cinthia torni a casa in tempo per la telenovela che l’appassiona e per scegliere il un film in tv  per concludere la giornata. Sono curioso di sapere la prossima come sarà, potrebbe anche essere ma non è detto, che Cinthia riprenda a lavorare sedici ore al giorno perché non sempre è facile cambiare le proprie abitudini. Tuttavia il fatto di aver dedicato al lavoro questa settimana solo otto ore al giorno, le avrà fatto scoprire  che c’è un modo diverso di impostare la giornata, di gestire il tempo a disposizione e che soprattutto si può dedicarlo a ciò che conta veramente.


J di calcio e d’altre nuvole
Carlo Feroldi-Riproduzione Riservata




giovedì 7 maggio 2015

UN SANTO INTERESSANTO

Uno dei piaceri del mattino presto, dopo il primo caffè e la prima ziga è la lettura dei bugiardini. Non è un segreto per chi mi conosce che è una città che adoro e allora quando l’occhio incrocia qualche titolo che parla di Bergamo e dintorni la mia attenzione si fa più decisamente più curiosa. Già di buonora questa mattina qualcuno ha pensato bene che, invece di strappare il coupon per votare l’idraulico preferito (a proposito, chi mi legge se mi aiuta a dare una piccola soddisfazione a Pino, il mio idraulico appunto, prima che vada in pensione perché se la merita! Non è mai di parola, vengo domani e domani non lo vedi e non ti risponde al telefono, non è caro perché dieci minuti di lavoro ti costano centone, non ha mai gli attrezzi che servono e li chiede a te perché se li è dimenticati, devi spiegargli cos’è una ricevuta fiscale) direttamente al bar è meglio fregarsi il giornale e ritagliare il coupon a casa con più calma che si fa anche meno fatica e allora ho dovuto ripiegare su un quotidiano a tiratura nazionale. L’unica notizia che parlava di Bergamo nel Santo del Giorno, San Alberto da Bergamo. Nato intorno al 1214 in Val Seriana, a Villa D’Ogna (BG) da genitori umili contadini, morì  a Cremona nel 1279. Condusse una vita laboriosa nei campi senza mai tralasciare opere di carità e pietà verso i più deboli e i poveri sostenendo che si trova il tempo di fare il bene quando si vuole. Questo gli rese veramente impossibile la già dura convivenza con la moglie che non perdeva occasione per rinfacciarglielo, <<con tutte le cose che ci sono da fare in questa casa >> anche nei momenti più piacevoli della giornata, nell’intimità e a tavola. Come se non bastasse, venendogli contestato il possesso di alcune terre da persone molto potenti, anche i suoi compaesani non lo vedevano proprio di buon occhio perché si sa, da che mondo è mondo è sempre meglio stare dalla parte in cui sventola la bandiera! Cosa fece allora l’Alberto? Per amore di pace e, anche perché un Santo, prima di diventare un Santo è un uomo e, come tutti gli uomini e ha delle scatole, quando le sue si ruppero definitivamente e irreparabilmente mollò tutto, si ricordò di una promessa fatta alla moglie <<piuttosto di stare ancora con te mi faccio frate>> e ci andò vicino. Mollò tutto e si trasferì a Cremona, non trovando lavoro ( a Cremona non ce n’è per per chi ci abita nemmeno adesso, figuriamoci allora se c’era per un contadino venuto dalle sperdute montagne di Bergamo fu così che si iscrisse (insomma entrò) nel terz’ordine secolare dei Frati della Penitenza di San Domenico. Diventò talmente forte da riuscre  a prevedere perfino l’ora della sua morte che avvenne il 7 maggio 1279, dicono che nonostante tutto spirò serenamente. Come sempre accade, anche nell’attualità, di te si ricordano tutti quando muori, allora diventi una brava persona e fu così che il popolo accorse a venerarne il sacro corpo, attirato dal suono miracoloso delle campane che suonarono in play-back, senza essere toccate. Un fatto poi decisamente incredibile avvenne al momento della sua sepoltura, più si scavava la fossa la terra si pietrificava, sicché si pensò di seppellirlo nel Coro della Chiesa dove si rese celebre per grazie e miracoli. Non c’ero, però l’ho letto.
Ma che Santo il Beato Alberto da Bergamo, finalmente un Santo veramente interesSanto!

Carlo Feroldi
J Riproduzione Riservata

domenica 3 maggio 2015

ALLA MIA AMICA DANIELA (LA DENNY)

Avevo letto giovedì sera sul mio diario di Facebook un bellissimo post che un’amicizia, una GBP (gran Bella Persona) mi aveva dedicato, una canzone di un autore, Quando torni’’ di Bungaro che pochi conoscono ma che a me piace tantissimo.
La dedica poi era bellissima tanto che mi aveva emozionato.
Con mia grande gioia e tanta sorpresa i miei profili superano ormai le 3.000 amicizie, oltre 12.000 persone mi seguono da qui, giornalmente ricevo commenti e messaggi anche in privato ai quali, compatibilmente con i miei impegni (almeno che commenti, messaggi e post siano frivoli, di gusto discutibile o disarmante) mi sono ripromesso di rispondere a tutti.
Con altrettanta sorpresa, questa bella amicizia, questa GBP in silenzio l’ha tolto pensando forse che non me ne fossi accorto.
Chissà quando torno, e chi lo sa!
Ci tengo a non dare mai a qualunque tipo di futuro, tantomeno il mio, contorni definiti con esattezza perché nella vita ogni avventura è qualche cosa che alla fine capita e allora, così come dicono a Bergamo, una città che amo tantissimo, “ndom, adoss adoss”, certamente a ogni avventura professionale (così come qualsiasi onda valga la pena merita di essere cavalcata) vale la pena saltare addosso e allora è così che capita anche che si possa andare oltre, un oltre che magari non finisce mai di insegnare e di imparare il senso della vita.
Capita che per necessità, passione, per il gusto della sfida e qualche voglia di rivincita allora si metta tutto in una valigia e si lascia qualche cosa che sta sprofondando nel passato per costruirsi il futuro in un mondo nuovo, così come capita anche che da posti lontani, lontani anche dai luoghi comuni poi si ritorna, si sistema la valigia sopra un armadio, magari per sempre, magari solo per un momento e dopo chissà, magari chissà in quale mondo e da quale parte del mondo.
Anche se errare humanum est e perseverare è più umano a sud-est è uno dei miei motti preferiti, ti rispondo con gioia e piacere GBP, quando torno, una volta alleggeriti i miei impegni, una cena da amici, parlando di come siamo noi gente della bassa, di musica, di fatiche, di lavoro in fabbrica e di schiene rotte, di altre nuvole, e di bla bla bla proprio ce la facciamo, magari in una serata di pioggia (che sarebbe anche più bello) magari mangiando caplet, capel dal pret e bevendo dal lambrusc ma scur, scur, scur.
E’ più che una promessa, veramente non era facile rispondere a un post come quello che mi hai dedicato e, a post così belli non si risponde d’acchito e il tuo, quello che mi hai dedicato era bellissimo.
Grazie e specialmente di cuore, intanto ti auguro tutto il meglio perché so che te lo meriti e, se ogni tanto si può anche dire:-ho sbagliato, I’m sorry, se puoi e se vuoi, scusami tanto, hai ragione Denny, le belle amicizie, quelle con l’A maiuscola con le GBP non andrebbero mai trascurate.
Sperando a presto, intanto ti abbraccio e ti raccomando.


#Stairock


J Di calcio e d’altre nuvole 
Carlo Feroldi-Riproduzione Riservata 
www.carloferoldi.weebly.com

venerdì 1 maggio 2015

1° MAGGIO

A chi di lavoro non fa un cazzo.
A chi un lavoro ce l’ha e oggi lavora.
A chi un lavoro ce l’ha e oggi fa festa.
A chi un lavoro ce l’ha ed è contento.
A chi un lavoro ce l’ha eppure non è contento.
A chi fa un lavoro che non e’ il suo.
A chi il lavoro l’aveva e l’ha perso.
A chi il lavoro l’ha perso perché qelli non capiscono niente.
A chi il lavoro non ce l’ha e lo sta cercando.
A chi il lavoro glielo avevano promesso.
A chi il lavoro tanto non lo trovi se non sei raccomandato.
A chi il lavoro lo cerca consultando gli annunci.
A chi si sta sbattendo inviando curriculum di qua e di la.
A chi si è fatto il mazzo per prendersi una laurea e poi ha capito che per farsi spazio nel mondo del lavoro deve prendere un aereo ed andarsene in Inghilterra per perfezionare gli studi e sperare in un futuro migliore.
A chi vive delle proprie idee, delle proprie passioni e dei propri progetti e ne ha fatto un lavoro.
A chi nel lavoro non trova differenze e non tira confini e gli piace quando le cose s’intrecciano entrando una nell’altra e viceversa perché ama quello che fa e il suo fantastico modo di sollevarlo da terra.
A chi pensa che è possibile stare bene con se stessi anche grazie a quello che si fa nella vita, specialmente se si ha la fortuna di fare un mestiere nel quale di se stessi bisogna mettere molto.
A chi ha scelto di fare delle cose perché lo tengono sveglio.
a chi pensa che è un gran bel privilegio poter fare nel lavoro le cose che uno sceglie.
A chi pensa che nel proprio mestiere le cose si devono abbellire ancora di più perché ama i lavori che devono avere oltre che un’estetica sempre e comunque un’etica come base e questo è fondamentale.
A chi tutto quello che fa nel lavoro è arrivato solo adesso, dopo avere studiato, imparato e lavorato per tanti anni.
A chi sono le idee che gli piace portare avanti anche a costo di tanti sacrifici
A chi prima sa lui di essere bravo e avere personalità perché quando si comincia a sentirlo dire dagli altri, vuol dire che gli altri si sono accorti di lui.
A chi il suo mestiere lo adora perché sa che adorandolo ha i risultati che vuole ottenere.
A chi in ogni cosa che fa è capace di trovare la giusta motivazione perché è la monotonia e la routine che deteriorano una persona.
A chi si occupa di un sacco di cose e queste cose servono per svegliarsi la mattina ed essere felice.
A chi anche nel lavoro parla sempre di squadra perché serve ai propri collaboratori per dare nuovi input a idee e a progetti e far si che si possa crescere insieme soprattutto come persone

Buon 1° maggio



J di calcio e d’altre nuvole
Carlo Feroldi – Riproduzione Riservata
www.carloferoldi.weebly.com