Le prime
scarpe da calcio sì, quello è stato un bel risparmio, con tutte quelle normali
che aprivo in punta sul campo spelacchiato del Borgo di San Leonardo.
Avevo due
scelte su tre che sognano tutti i bambini; se vuoi diventare un cantante, devi
avere un po’ di orecchio, ne avevo due anche un po’ a sventola per colpa dei
capelli corti pettinati con la riga e quegli antipatici occhialetti, solo che
ero (e sono) stonato e quindi di giorno sognavo di diventare un calciatore (ho
giocato nella squadra dell’oratorio, fortissima allenata da un precursore di
Julio Velasco prestato al calcio dalla pallavolo, aveva un cognome russo (non
avrei mai immaginato che anni dopo alla Casalese avrei insegnato a suo figlio
nella scuola calcio).
Ero
ancora bambino rispetto agli altri, in tutto ho giocato solo un secondo tempo
di una partita in tutto il campionato, vincevamo già sette a zero e di danni
non ne potevo fare: però ero felice lo stesso, facevo parte comunque di una
squadra, la mia prima squadra.
Di sera
invece prima di andare a dormire mettevo le mutande sopra il pigiama per
diventare come Batman.
Carlo Feroldi – www.carloferoldi.weebly.com
Riproduzione Riservata - J Di calcio e d'altre nuvole
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