Primo sabato del nuovo anno,
pioviggina, gli esperti dei meteo hanno dato neve.
Scendo e, nel cortile, la
sciura Felicetti, la portinaia, la spia venuta dal freddo, gran leccatrice di culo dell’amministratore, quella che mi
riusciva più simpatica quando era alcolizzata che adesso che è diventata
astemia, con i soliti modi bruschi (del cazzo) si sta lamentando perché
un genio ha battuto il record condominiale: per ben tre giorni di fila è
riuscito a rompere la chiave nella serratura del portone d’ingresso.
Da più di una settimana non vengono
a ritirare la raccolta della differenziata effettuata (certo che se anche nel
locale sotto il piano terra è stata cambiata la serratura e nessuno ha avvisato
gli addetti dell’azienda incaricata, sarà ben difficile.)
<< Ah ecco perché, è
vero, ha fatto bene a ricordarmelo, lunedì telefono subito >>.
Se tanto me da tanto,
figuriamoci i suoi consigli.
Mentre sta ramazzando, consiglia
Davide, il figlio della signora di sotto che da solo, da più di un’ora, cerca
di allenare i fondamentali.
<< Ma con questo freddo sei
qui a giocare? Se fossi in te, starei in casa al caldo a guardare tutto il
giorno la televisione. Guarda che magari stai dando fastidio agli inquilini di
sopra>>.
Cappellino di lana calato fin
sulla fronte, imbacuccato dalla giacca a vento, guantoni di lana, sciarpetta,
gli si vedono solo gli occhi, Davide sta palleggiando con un grosso pallone di
plastica rosso con i pentagoni neri contro la basculante del garage dei Denton
che fa da attaccante e lui il portiere che cerca di parare il pallone a ogni
rimbalzo.
La solitudine dei numeri uno s’impara
fin da piccoli.
Se non da fastidio a loro che
hanno il balcone proprio lì sopra il garage, ma cosa gliene frega, ma lascialo
fare se si deve allenare.
Vado fino alla Legler a fare
la spesa, vicino alla Chiesa, Don Angelo parla con due ragazzini, che avranno sì
e no, undici, dodici anni, forse anche di meno, davanti al cancello della discesa
dell’Oratorio che porta giù al campo di calcio.
<< Siamo giocatori di
calcio, dobbiamo allenarci perché l’anno prossimo vogliamo giocare nella
squadra della Celadina >>.
E’ in quelle parole che si
vede l’orgoglio, la smania, che avevamo noi ai nostri tempi quando, da bambini
sognavamo di poter arrivare a far parte di una squadra di calcio, quando il
calcio era tutta un’altra cosa, e in quale squadra non era la cosa più
importante.
Nonostante questo calcio non
ci entusiasmi più, non ci rappresenti più, nonostante tutto e tutti, l’amore, l’orgoglio,
la smania per il calcio e per tirare calci a un pallone allo stato più puro,
non conosce sconfitte.
Avanti cosi.
Bravi, manca solo un anno all’anno
prossimo, continuate ad allenarvi.
Chi si occupa di scouting, anzichè andarli a scovare in altri angoli del mondo, anche di Paesi lontani, crescerli come galletti d'allevamento, sradicandoli dalle loro famiglie fin da piccoli, dovrebbe rivalutare di ritornare a cercare e scoprire i futuri campioni come si faceva una volta, andando a cercarli e a scoprirli a casa nostra, in posti così.
Carlo Feroldi – www.carloferoldi.weebly.com
Riproduzione Riservata - J Di calcio e d’altre nuvole
Chi si occupa di scouting, anzichè andarli a scovare in altri angoli del mondo, anche di Paesi lontani, crescerli come galletti d'allevamento, sradicandoli dalle loro famiglie fin da piccoli, dovrebbe rivalutare di ritornare a cercare e scoprire i futuri campioni come si faceva una volta, andando a cercarli e a scoprirli a casa nostra, in posti così.
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