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sabato 9 gennaio 2016

CAMPOBASSO ANDATA E RITORNO

Dove si va
A Campobasso Gino, partiamo alla mattina e torniamo non appena finito, subito dopo, questa notte.
Quanto tempo ci vuole?
Non lo so.
Quanto tempo ci resta?
Non lo so.
Sai che anch’io me lo chiedo spesso?
Per uno come me che a volte deve predicare la chiarezza e l’efficienza, la velocità è una di quelle domande che spesso mi rimbomba nella testa.
Quanto tempo c’è prima di arrivare?
Non lo so.
Quanto tempo abbiamo per non arrivare tardi?
Non lo so.
Quanto tempo c’è per un eventuale contrappunto?
Non lo so.
La velocità è una di quelle mandole, come si dice dalle mie parti, che ti arrivano sempre quando sei assetato di tempo e, il tempo sembra che non ti basti mai.
La velocità ci sarà amica o nemica?
Non lo so.
Sarà buona o cattiva, soprattutto sarà quella giusta?
Non lo so.
Nella vita puoi perfino permetterti di fare il ruffiano ma tutto ha il suo tempo e la sua velocità.
Già, la velocità, sempre quella.
Spesso siamo condannati alla responsabilità di accorciare i nostri tempi, mal che ci vada, almeno di rispettarli.
La velocità secondo me è una diavoleria inventata da qualcuno del marketing, per spingere le vendite di auto più veloci, per farti comprare biglietti di aerei supersonici, di fari prenotare il tuo posto sui treni superveloci, un prodotto moderno della competizione tra le persone.
Il bello, anzi no, il brutto, è che a volte la velocità ti presenta il suo conto, il mio una volta già pagato e ne porto ancora qualche segno come ricevuta.
Guardo dal finestrino della macchina che abbiamo preso questa mattina a noleggio.
Parcheggiata vicino a noi un’auto attrezzata per portare una sedia a rotelle, scende una mamma, lascia tutto sul sedile, borsa, chiavi, il suo giaccone.
Scende, apre il portellone e poi la portiera scorrevole.
Scarica una carrozzella alla quale attacca una pedana per appoggiare i piedi.
Prende di peso il suo bambino ormai cresciuto, lo fa sedere, rinchiude le portiere e poi spingendo si avvia verso la struttura della società di calcio.
Visto i numerosi amici che gli si fanno incontro, immagino la frequenti tutti i giorni anche se non può giocare.
Se devo essere sincero del tutto, io non so come farei.
Prego colui nel quale credo di avere un occhio nei miei riguardi se un giorno dovesse mai capitarmi una cosa cosi.
Tra un po’ questa sera dovrei parlare, anche se, la lezione che ci porteremo a casa questa notte quando ripartiremo è che si corre fino a quando si può, forse è anche meglio correre oggi perché magari domani non possiamo più e, non sappiamo neanche forse né tanto meno quando.  
Corriamo perché, da abituati che siamo, ci dimentichiamo che si può anche andare forte o viceversa.
A volte per non dovere avere poi il rammarico di dire che non ci abbiamo almeno provato.
Si corre adesso perché alla fine dovremo pur rallentare, e se non sarà per noi, sarà per amore di qualcuno d’altro.
Ci sono volte che si corre anche perché, quando il cuore chiama, ci si deve fermare.
Quanto tempo c’è ancora ancora Gino prima di cominciare?
Lo so com’è e come fa il mio amico Gino.
Non mi sente, o forse fa finta, è nel parcheggio, cinquanta metri più avanti a fumarsi il suo sigaro, l’immancabile ammezzato Garibaldi come fa quando di solito pensa a qualche cosa.

Carlo Feroldi – www.carloferoldi.weebly.com
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